agenzia immobiliare

Antiriciclaggio, gli obblighi di un’agenzia immobiliare

Anche le agenzie immobiliari sono operatori tenuti ad osservare le norme loro prescritte dal d.lgs.231/2007 in materia di antiriciclaggio.

Deve essere chiaro, in primo luogo, che le agenzie immobiliari devono assolvere all’obbligo di adeguata verifica della clientela e all’individuazione del titolare effettivo in caso di società, oltre alla segnalazione di eventuale operazione sospetta. L’adeguata verifica deve essere effettuata tramite acquisizione del documento di identità del cliente ed il “controllo costante” è necessario durante tutta la durata del rapporto.

In una recente sentenza, il Tribunale di Roma si è espresso in merito al ricorso presentato da un’agenzia immobiliare sanzionata per la somma di 22.000,00 euro dal MEF per violazione della normativa antiriciclaggio in relazione all’omessa adeguata verifica della clientela e all’omessa     attività di conservazione di documenti, dati e informazioni nell’ambito dell’attività  commerciale di intermediazione; i ricorrenti chiedevano l’annullamento della sanzione o, in subordine, la rideterminazione della stessa in misura ad essi meno sfavorevole.

Gli opponenti eccepivano:

a) la decorrenza del termine prescritto dall’art. 14, comma 2, della legge n.689/1981;

b) la nullità del decreto opposto per difetto di motivazione, deducendo che non era stato allegato, né riprodotto nel suo contenuto essenziale, il parere della commissione consultiva antiriciclaggio, neppure acquisito, che ne doveva essere parte integrante ai sensi dell’art. 60, co 2, del D.Lgs. n. 231/2007;

c) l’infondatezza delle contestazioni formulate, con riferimento ai 34 rapporti continuativi contestati nel processo verbale e agli incarichi pubblicizzati sul sito internet;

d) in via subordinata, l’eccessiva sproporzione delle sanzioni irrogate.

Il Ministero dell’economia e delle finanze confermava quanto contestato, chiedendo il rigetto del ricorso.

Per il Tribunale era infondata l’eccezione con cui gli opponenti avevano fatto valere la violazione del termine perentorio di novanta giorni, previsto dall’art. 14, comma 2, della legge n. 689/1981 per notificare all’interessato la contestazione. Infatti, qualora la contestazione non sia avvenuta  immediatamente all’atto dell’illecito, il momento dell’accertamento – in relazione al quale va collocato il dies a quo del termine previsto dall’art. 14, comma 2, della legge n. 689/1981 per la notifica degli estremi della violazione, non coincide con quello di acquisizione del fatto nella sua materialità da parte dell’autorità che ha ricevuto il rapporto, ma va individuato nella data in cui detta autorità ha completato l’attività intesa a verificare la sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi dell’infrazione (Cass., ord. n. 27405/2019); compete inoltre al giudice di merito valutare la congruità del tempo utilizzato per tale attività, in rapporto alla maggiore o minore difficoltà del caso (ancora Cass. n. 27405/2019). E’ stata accordata rilevanza, in particolare, anche alla necessità di “considerare anche il tempo necessario all’amministrazione per valutare e ponderare adeguatamente gli elementi acquisiti e gli atti preliminari” (Cass., sez. lavoro, n. 7681 del 20.4.2014). E’ stato inoltre evidenziato come, nei casi in cui l’accertamento della violazione, non coincidendo con la pura constatazione oggettiva dei fatti, richieda un’attività istruttoria e valutativa più ampia, l’osservanza del suddetto termine debba essere individuata secondo le particolarità dei singoli casi (Cass., n. 6531/2000).

Ciò premesso, ai fini della verifica dello spirare del termine di decadenza si rilevava che l’atto con cui l’illecito era stato contestato era costituito dal verbale di contestazione e non dal successivo provvedimento con cui era stata irrogata la sanzione amministrativa.

Conseguentemente, alla data della contestazione della violazione non era ancora decorso il menzionato termine di novanta giorni previsto dall’art. 14 della legge n. 689/1981.

Il motivo di opposizione era pertanto infondato.

Il Tribunale riteneva inoltre che il decreto sanzionatorio opposto fosse ampiamente ed adeguatamente motivato, in ordine sia ai fatti verificatisi nell’ambito dell’accertamento, sia alle ragioni poste a fondamento della decisione di irrogare la sanzione, anche con riferimento alla sua entità.

Per quanto atteneva le contestazioni attinenti al merito della pretesa            sanzionatoria, il Tribunale osservava che agli opponenti era stata contestata la violazione degli obblighi, previsti dal D.lgs. n. 231/2007:

a) di identificazione della clientela, sanzionata dall’art. 56, comma 2 (“per mancata identificazione del cliente nell’ambito di

– molti incarichi, i cui immobili risultavano pubblicizzati dall’agenzia a mezzo sito internet;

 – di svariati rapporti continuativi per i quali l’incolpato aveva emesso fattura a seguito del pagamento delle provvigioni spettanti.

b) di conservazione dei documenti acquisiti in sede di adeguata verifica della clientela, sanzionata dall’art 57, comma 2.

Con riferimento a quest’ultima violazione non è stata però irrogata alcuna sanzione, avendone l’Amministrazione ritenuto la non punibilità – benchè fosse sussistente – perché le infrazioni rilevate risultavano “assorbite” dalla contestazione per omessa adeguata verifica.

Nel decreto opposto si evidenziava che non era stata riscontrata la corretta identificazione della clientela e che, laddove era presente una “scheda cliente”, questa risultava essere stata redatta dai clienti non nei confronti dall’attuale agenzia organizzata come persona giuridica ma nei confronti della cessata ditta individuale.

Non coglieva nel segno inoltre la dichiarazione del legale rappresentante che nel corso della verifica aveva affermato, con riferimento agli incarichi conferiti, di non avere istituito un fascicolo per ogni incarico, “in quanto la maggior parte dei rapporti erano stati tenuti con clienti abituali, già identificati mediante la sottoscrizione di una scheda cliente corredata dai relativi documenti di riconoscimento, raccolte durante l’attività della ditta individuale del legale rappresentante alla quale era poi subentrata la società. Con riferimento ai rapporti con clienti occasionali, per i quali il rapporto si era esaurito nel solo conferimento orale          dell’incarico, la società sanzionata non aveva “effettuato l’identificazione né istituito alcun fascicolo dedicato.” Nessuna scheda identificativa o altra documentazione era stata poi esibita in ordine agli incarichi riguardanti numerosi immobili posti in vendita e pubblicizzati sul sito internet dell’agenzia immobiliare.

In ordine al generale obbligo di conservazione della documentazione (artt. 31 e 32 D.lgs. n. 231/2007), nel decreto si rappresentava:

a) che la parte aveva dichiarato di non aver provveduto puntualmente all’istituzione e alla conservazione dei fascicoli delle operazioni effettuate;

b) che, nell’ambito dei locali aziendali, erano stati individuati fascicoli intestati ad alcuni clienti abituali con documentazione attinente a vari affari, non ordinata progressivamente;

c) che aveva dato esito negativo la verifica effettuata sul personal computer in uso, in relazione a documenti conservati in modalità elettronica/digitale.

Per quanto atteneva la mancata identificazione della clientela che aveva pubblicizzato sul sito internet della società, gli opponenti hanno rappresentato che, in concreto, quel sito non era stato di alcuna utilità, che non era stato utilizzato né aggiornato e che i dati identificativi degli immobili immessi ne rendevano impossibile l’identificazione.

Tutto ciò premesso, il Tribunale ha ritenuto che l’opposizione poteva  essere accolta solo con riferimento al motivo con cui era stata eccepita l’eccessiva sproporzione delle sanzioni irrogate.

In primo luogo, perché le condotte omissive in violazione dell’obbligo di acquisizione di informazioni e dichiarazioni erano meno estese rispetto a quelle contestate e, in secondo luogo, perché le condotte degli opponenti, ancorché quantitativamente numerose, apparivano riconducibili a noncuranza e sciatteria e non ad un preordinato disegno di non rispettare le prescrizioni di legge.

Pertanto, trattandosi di condotte illecite reiterate, la sanzione era rideterminata in € 5.000,00, pari al doppio del minimo edittale; spese compensate. Sul sito avvocato antiriciclaggio è possibile consultare liberamente una numerosa serie di vicende, sentenze ed esperienze in tema di antiriciclaggio, riferite agli operatori obbligati ai relativi precetti normativi.                                                    

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